Descrizione
L’esistenza di una comunità a Cinto è testimoniata per la prima volta in un documento del 1192, in cui il patriarca di Aquileia Godoberto dona sei mansi da disboscare nella selva di Cinto: “(...) sex mansos in silva nostra de Cintho (...) in loco qui dicitur Codognetum (...) ab usu fratrum et monasterii alienari vel in temporum eorum locare (...)”.
Il nome viene dunque strettamente associato alla natura boscosa del territorio circostante, il cosiddetto Waldum ossia la grande foresta planiziale che occupava ancora vasti territori della pianura padana. Se per la denominazione del paese si fa riferimento a questo importante documento del XII secolo, alcuni importanti ritrovamenti archeologici permettono di datare ad epoche ben più lontane i primi insediamenti umani nel territorio.
Due asce neolitiche, una di pietra verde recuperata qualche anno fa in località “Boschetta” da Livio Marcorin, l’altra ritrovata recentemente da Nicola Morettin a Settimo, sono particolarmente significative.
“ (...) ci confermano che il territorio su cui ora si trova Cinto era frequentato più di 4000 anni fa, probabilmente da cacciatori nomadi che qui si fermavano solo una parte dell’anno, seguendo gli spostamenti delle mandrie di animali selvatici.[2]”
Ben 11 sono gli insediamenti d’epoca romana fino ad ora rilevati dallo studioso Vincenzo Gobbo, probabilmente doveva trattarsi di piccole fattorie e ville rustiche che coesistevano proficuamente con la grande foresta che ricopriva buona parte del territorio. In questi insediamenti il rinvenimento più rilevante è dato da alcuni “tesoretti” scoperti in località San Biagio.
“La località San Biagio, ha restituito in poco più di un secolo oltre 6000 denari d’argento, un numero incredibile di monete che fanno di questa piccola località uno dei luoghi archeologici più importanti e misteriosi dell’intero Veneto orientale.[3]”
Il ritrovamento di questi “tesoretti” fa per lo più ipotizzare la presenza in loco di un ricco mercante, che si valeva di questo capitale per le attività commerciali con le zone più periferiche dell’impero romano. Buona parte di queste monete si trova oggi ben conservato nella collezione numismatica nel Museo Nazionale Concordiese di Portogruaro.
Un’antica “patera” in marmo greco raffigurante in rilievo un’aquila che becca sul capo una lepre, inserito nelle mura della villa Bornancini e databile fra il XII e XIII secolo, è il più antico reperto oggi visibile sul territorio. Probabilmente un tempo ornava le mura esterne di un luogo di culto o di un importante edificio civico.
foto 3: patera del 12° secolo
foto 2: Monete d'epoca Romana Repubblicana
foto 1: Ascia di Pietra verde del Neolitico