Descrizione
Noti sono invece alcuni documenti risalenti al XV secolo (un atto notarile di acquisto da parte del patrizio Andrea Bon del 1475) dove il “molino della Siega” è citato in pertinenze di Cinto e risulta essere in precedenza di proprietà della famiglia Vendramini, anche questa residente a Cinto.
foto 1: mulino della sega in una foto anni '20
A quel tempo il mulino disponeva di solo tre ruote e di una sega. Successivamente, all’inizio del XVI secolo, subentra Giovanni Francesco Luciani di Portogruaro che ripara, ristruttura e potenzia il mulino. Nel 1522 una sua parte viene acquistata dalle monache del monastero di S. Lucia di Venezia: in quest’epoca il mulino dispone già di otto ruote più la sega.
Datano a questo secolo anche alcuni documenti, che mettono in risalto diversi conflitti verificatisi fra i proprietari del mulino e la comunità di Cinto. Nel 1557, per aver deviato l’acqua del Reghena e impedito al mulino di lavorare il comune è condannato alla “pena di ducati 100, corda, bando, et anni tre in galia ... per li huomini del commun di Cinto fino al numero di 150” se non faranno ritornare l’acqua nell’alveo originario.
foto 2: mulino, foto del 1980, cortesia di Basso Sergio
Insediatasi inizialmente come conduttore, Panfilo Perini di Portogruaro verso la fine del XVI secolo acquisisce il possesso del mulino, lasciandolo in eredità ai suoi famigliari che ne gestiscono le rendite nella prima metà del Seicento. Successivamente ai Perini subentrerà la nobile famiglia Tasca di Venezia e altri ancora nei secoli successivi.
Fra i tanti conduttori che si alterneranno alla guida del mulino c’è da segnalare la famiglia Bornancini che dopo aver condotto il mulino verso la fine del Seicento, ritorna a ricoprire lo stesso ruolo dopo duecento anni (1892), dimostrando una particolare perseveranza nei confronti della professione di mugnaio.
Oggi il mulino pur non disponendo di ruote dispone di un fabbricato di notevole rilevanza storica, dove il proprietario attuale, la famiglia Lenardon, ha mantenuto la funzione di un tempo e si continua in qualche modo a macinare il grano e a far farina.
Davanti alla porta d’ingresso va infine segnalata la presenza di un singolare gelso ultracentenario.